WATCHMEN
Zack, ma come hai fatto?
«In realtà nel cinema tutto è adattamento (...) non so che cosa voglia dire, in questo campo la parola "diritto", la morale estetica ritorna in sottili gerarchie: si considera un adattamento degno di questo nome soltanto quello che si basa su un "grande" testo letterario; l'adattamento troppo sottomesso al testo "tradisce il cinema" , l'adattamento troppo libero "tradisce la letteratura"; solo la "trasposizione" (...) non tradisce né l'uno né l'altra, collocandosi ai confini di queste due forme di espressione artistica.»
Alain Garcia
Al di là degli esiti al botteghino, credo che negli anni a venire si discuterà molto del Watchmen di Zack Snyder, soprattutto all’interno delle scuole di sceneggiatura oppure nei corsi di scrittura creativa. Mi sento di fare questa previsione perché a mia memoria, non esiste un altro film che ripropone con altrettanta assoluta fedeltà gran parte dei contenuti presenti nell’opera letteraria di partenza. Per un buon 80 per cento si potrebbe benissimo guardare la pellicola senza audio e seguire la storia mentre qualcuno vicino a noi legge a voce alta i testi del fumetto di Moore e Gibbons.
Sempre a proposito di traposizioni cinematografiche di opere letterarie ricordo di aver letto che Ira Levin, autore del romanzo Rosemary’s Baby, si era stupito di una telefonata di Roman Polanski, impegnato nelle riprese del film tratto dal suo libro.
Il regista polacco, era convinto che pur acquistando i diritti di un romanzo, nulla dell’opera originale potesse essere modificato, e in un impeto di perfezionismo aveva interpellato Levin per sapere quale fosse il giornale letto da uno dei protagonisti in una determinata scena.
Questo aneddoto potrebbe far sorridere, perché chissà quante volte avete visto un film tratto da un romanzo e disapprovato tutti i cambiamenti apportati da regista e sceneggiatore. Probabilmente vi sarà pure scappata la fatidica frase “ma non gli bastava seguire la storia come è stata scritta?”. Ecco, dopo anni e anni di visioni frustranti, Watchmen ci chiarisce definitivamente le idee e ci aiuta a trovare finalmente una risposta a questa domanda. No, nella maggior parte dei casi non basta seguire la storia nella sua stesura letteraria, soprattutto non in questo caso.
Andiamo per ordine. Secondo Dwight Swain, autore di Film Scriptwriting, un adattamento può essere realizzato con tre modalità diverse:
1. Seguire il libro scena per scena, scomporlo in sequenze rispettando al massimo l'ordine delle cose.
2. Individuare le scene chiave del libro e usarle come fondamenta su cui costruire la sceneggiatura.
3. Prelevare materiali dal libro (elementi d'intreccio, personaggi, situazioni) ed elaborare una sceneggiatura quasi originale.
Generalmente, il terzo sistema è quello più utilizzato, mentre sono più rari gli adattamenti che seguono le metodologie elencate nei punti 1 e 2.
Le motivazioni per cui si preferisce evitare una trascrizione pedissequa possono essere le più varie. Problemi di budget, mutamento del quadro storico, evitare un adattamento meramente illustrativo sono alcune delle ragioni per le quali una storia può essere completamente modificata e stravolta.
Il più delle volte il vero problema è riuscire a concentrare all’interno di un unico film tutto il contenuto di un romanzo.
Ad esempio, è stato provato che per mettere in scena un adattamento fedele e completo di Via col Vento ci vorrebbero almeno un paio di giorni.
Considerando la densità della storia principale in cui si innestano altre trame secondarie, il numero di personaggi, l’azione che abbraccia un arco temporale di quasi mezzo secolo, non c’era da stupirsi se molti concordarono con Alan Moore quando affermava l’impossibilità di adattare per il grande schermo le sue sceneggiature.
Prima di Snyder molti registi avevano provato e poi gettato la spugna (Terry Gilliam, Darren Aronofsky, Paul Greengrass), ma non è del tutto chiaro se questi autori avessero rinunciato perché scoraggiati da una sfida che almeno sulla carta appariva impossibile da vincere o per problemi di altra natura.
Al contrario Snyder non sembra aver battuto ciglio quando i boss della Warner hanno individuato in lui l’uomo giusto per condurre in porto l’ambizioso progetto e il regista americano ha pensato di poter facilmente ripetere il colpaccio di 300 percorrendo ancora una volta la strada dell’assoluta fedeltà. Questa scelta ha ovviamente comportato dei compromessi sia dal punto di vista artistico che commerciale. Il fumetto è stato tagliato, snellito, epurato di cose giudicate superflue, ma Watchmen è sempre Watchmen e per quanti sforzi siano stati fatti non è stato possibile comprimere la durata al di sotto delle due ore e quaranta (163 minuti per l’esattezza). Va da sé che una pellicola di quasi tre ore (e vietata ai minori) obbliga gli esercenti a programmare un numero inferiore di spettacoli con ovvie ripercussioni sugli incassi, quindi almeno dal punto di vista economico la Warner ha dato prova di coraggio. Comunque ho precisato questo punto solo per chiarire che se c’era modo di accorciare ulteriormente il film, la durata sarebbe stata ancora inferiore. Non è neppure escluso che qualcuno abbia seriamente provato ad apportare ulteriori tagli, ma considerando che già in questa forma il risultato è piuttosto modesto, non vogliamo neppure immaginare cosa sarebbe diventata questa pellicola con un montaggio ancora più ellittico.
«Il segreto dell'adattamento consiste nel trovare il cuore della pièce teatrale,
estrarlo e trapiantarlo nell'altro medium. E' come scoprire il codice genetico del romanzo
o del testo teatrale, per poi ricostruirlo mantenendone l'integrità. Non è una cosa semplice.»
George Axelrod (sceneggiatore di Quando la moglie è in vacanza, Colazione da Tiffany).
In centosessantatre minuti gli sceneggiatori David Hayter e Alex Tse hanno “ricostruito” l’opera di Moore opportunatamente focalizzando l’attenzione su tutto ciò che serviva a far progredire l’azione drammatica e recuperando quanto bastava per chiarire allo spettatore il background dei sei personaggi principali: Dottor Manhattan, Silk Spectre II, Nite Owl II, Rorschach, Ozymandias e il Comico.
Da una confronto serrato tra film e fumetto, risulta che solo per mettere in scena i primi due capitoli della miniserie, sono stati spesi circa 52 minuti, ovvero poco meno di un terzo della pellicola. Si tratta di due capitoli fondamentali in cui vengono presentati i personaggi, definita la ragnatela di rapporti che avvolge due generazioni di eroi, e che mostra l’inizio dell’indagine con Rorschach sulle tracce dell’assassino del Comico. Il film dedica quasi un’ora all’esposizione fornendo allo spettatore informazioni utili a seguire il resto del film e a farsi un’idea delle motivazioni dei protagonisti.
Dopo altri 10 minuti scarsi (utilizzati per concentrare i fatti del terzo capitolo), arriva il primo colpo di scena, ovvero la fuga su Marte del Dottor Manhattan, evento che spinge il mondo sull’orlo di una guerra nucleare. Rispetto ai primi due, il terzo capitolo del fumetto offre pochi spunti agli autori del film perché in questa parte del fumetto Moore introduce le figure dei due Bernie, e crea i primi parallelismi tra la storia di Adrian Veidt e quella del protagonista del fumetto piratesco I racconti del vascello nero.
Con un'altra decina di minuti vengono risolti i nodi relativi al passato di Manhattan e non ci sono grossi tagli da segnalare.
Dal V capitolo del fumetto, apprezzato dai fan più attenti per la rigida struttura simmetrica che lo governa, Hayter e Tse estraggono solo due sequenze della durata complessiva di sette minuti: quella che ci mostra l’attentato “pilotato” ad Adrian Veidt e l’ultima in cui Rorschach cade vittima di una trappola tesa dalla polizia con la complicità dello stesso Ozymandias.
Arriviamo al VI capitolo dedicato alla figura di Rorschach. Qui i tagli riguardano soprattutto il rapporto tra lo psichiatra Long e il vigilante in maschera. Il passato di quest’ultimo viene esaminato in dettaglio ad eccezione della scena in cui si spiega il motivo per il quale Kovacs ha intrapreso la carriera di giustiziere. Anche in questo caso il capitolo viene concentrato in poco meno di dieci minuti e a farne le spese è proprio lo psichiatra che, sconvolto dalle rivelazioni di Rorschach, arriva a compromettere il rapporto con sua moglie.
Il VII capitolo, che avvia la relazione sentimentale tra Laurie e Dan, è “fotocopiato” nel film: poiché qui torniamo a vedere gli eroi in azione (in tutti i sensi) lo spazio concessogli si dilata arrivando al quarto d’ora.
Del capitolo VIII, che nel fumetto si chiude con la morte di Hollis Mason, vengono mantenute tutte le scene all’interno del carcere fino alla fuga di Rorschach resa possibile dall’intervento di Nite Owl II e Silk Spectre II.
Gli eventi dei capitoli IX e X del fumetto nel film vengono in parte anticipati o posticipati e ciò porta via ulteriori venti minuti. I tagli sostanziali riguardano alcuni episodi raccontati in forma di flashback del passato di Laurie. Inizia il viaggio di Rorschach e Nite Owl II verso Karnak.
In altri sei minuti viene messo in scena il capitolo XI che ha come punto di svolta la realizzazione del piano di Ozymandias. Ci sono differenze, ma ne parleremo dopo.
I quindici minuti che restano (titoli di coda a parte), riprendono più o meno fedelmente tutto ciò che succede nel capitolo XII e pur presentando piccole modifiche non ci sono ulteriori tagli.
A giudicare dalle reazioni che ho notato in sala durante le mie due visioni, ritengo che gran parte degli spettatori che non hanno letto il fumetto potrebbero avere qualche difficoltà a superare la prima ora di proiezione, soprattutto considerando il fatto che esige la massima concentrazione perché con una trama così ridotta all’osso non si ci può permettere il lusso di perdere alcun dettaglio.
Superato questo primo scoglio, forse la vera prova del nove per il film e lo spettatore arriva nella parte centrale dove c’è ancora poca azione e la pellicola approfondisce (si fa per dire) questioni “esistenziali”.
Anche in questo caso il profluvio di immagini, suoni e informazioni potrebbe essere mal digerito da chi fosse arrivato al cinema credendo di trovare un ennesimo Dark Knight e invece si ritrova a riflettere sulla sincronicità del tempo e la casualità dell’esistenza.
Dopo circa un ora e trenta, il film si vivacizza ed entra nel vivo con Dan e Laurie che superano l’impasse in cui sono caduti dopo il mancato rapporto sessuale e decidono di tornare ad indossare i vecchi costumi. Da questo punto in poi il film si trasforma in un classico action-movie e finalmente l’indagine riparte per affrontare tutti i nodi rimasti in sospeso.
In tutta onestà credo che in moltissimi casi Hayter e Tse abbiamo avuto un occhio di riguardo per i vecchi lettori del graphic novel, ma di fatto hanno abbandonato al loro destino tutti coloro che del fumetto sapevano poco o nulla.
Emblematica la pregevole scena dei titoli di testa che alterna tableaux vivants con i membri dei Minutemen e rapidissime sequenze in cui Snyder condensa informazioni presenti nelle appendici testuali di Watchmen o all’interno di sequenze eliminate nel montaggio destinato ai cinema. L’uccisione di Dollar Bill, l’internamento di Mothman, il piccolo Rorschach che assiste alle attività della madre prostituta, Laurie bambina, testimone di una feroce litigata tra i suoi “genitori”, sono tutte scene ben note ai fan della prima ora, ma non certo agli spettatori “vergini”. Probabilmente quest’ultimi riusciranno a capire il senso di ciò che gli è stato mostrato solo tornando a vedere il film, o leggendo il fumetto.
«Quando scrivo pianifico l'intera storia in funzione delle grandi scene, di cui
definisco ogni dettaglio, parola per parola. Non si possono avere due ore di scene una più
bella dell'altra. I giovani sceneggiatori si sforzano di fare di ogni scena un capolavoro. Invece anche Shakespeare prevedeva scene minori, in cui magari viene recapitata una lettera che aiuta a capire alcuni passaggi della trama.»
Jim Sheridan (sceneggiatore di The Boxer, Il mio piede sinistro, Nel nome del padre)
Dal punto di vista narrativo, ritengo che la pellicola soffra per l’accumulo di fatti espositivi e per la mancanza di ritmo. Inoltre, e ricollegandomi alla considerazione di Sheridan, ritengo che la giustapposizione di scene chiave abbia di fatto estromesso passaggi che nel fumetto servivano a far “tirare il fiato” al lettore. Chi si occupa di scrittura creativa sa benissimo che per ottenere il massimo impatto emotivo sul lettore è necessario “colpirlo allo stomaco” quando meno se lo aspetta, nel momento in cui si è rilassato ed è quindi pronto a ricevere nuovi stimoli. Concatenare molte scene che richiedono “partecipazione” o inducono lo spettatore a sviluppare una forte empatia con i personaggi può rivelarsi quindi un boomerang. Saper gestire le emozioni dello spettatore, capendo quando è giunto il momento di portarlo al “picco” è il vero compito di uno sceneggiatore provetto, ma per esercitare al meglio la propria arte ogni scrittore deve avere ben chiaro per quale medium sta lavorando.
«Quanto hai dialoghi, è una faccenda piuttosto delicata trasformare il dialogo
letterario nel suo equivalente cinematografico. Quando il primo appare estremamente colloquiale, è spesso estremamente letterario; in effetti, i dialoghi più espressivi in un romanzo devono essere letterari, in quanto riflettono lo stile dell'autore. Ma provate a mettere quelle battute direttamente in bocca a un attore, e vi suoneranno affettate, innaturali: non arte, ma artificio. (...) E non si deve mai dimenticare che, oltre alle parole scritte sul copione, esiste l'intera gamma di espressioni portate sullo schermo dall'immagine, dai modi e dalla personalità dell'attore che pronuncia la frase.»
Ruth Prawer Jhabvala (sceneggiatrice di Camera con vista, Casa Howard, Quel che resta del giorno)
«L'immagine veicola già un così grande numero di informazioni che è quasi
impossibile che il dialogo possa aggiungere alcunché. (...) In un film, si vede di più e più velocemente.
Di conseguenza, ciò che senti deve essere diverso da ciò che vedi. Gran parte del lavoro dello sceneggiatore consiste proprio nel capire che cosa è meglio non dire. (...) I bravi sceneggiatori sanno infilare nel testo un sacco di significati nascosti, accumulando e intensificando l'esperienza.»
Robert Towne (sceneggiatore di Chinatown, Yakuza, Missione Impossibile)
Nel film di Snyder, la maggior parte dei dialoghi sono gli stessi che possiamo leggere nel fumetto e questo può significare due cose: o gli sceneggiatori venerano Moore al punto da aver ritenuto un “sacrilegio” alterare il testo del bardo di Northampton, oppure si sono effettivamente resi conto che era impossibile fare di meglio. Queste ragioni sono entrambe “sacrosante” e non ci sarebbe nulla da eccepire, ma se i due sceneggiatori avessero avuto più esperienza (Tse è al suo secondo film, Hayter ne ha scritti solo quattro) probabilmente sarebbero stati più accorti nell’effettuare il loro copia e incolla, evitando di inserire dialoghi che in un contesto cinematografico possono suonare artificiosi o comunque meno scorrevoli o ridondanti.
Quest’ultima affermazione si riallaccia a quanto detto sopra, e cioè che lo sceneggiatore deve sapere come sarà utilizzato il suo copione perché nel cinema – e naturalmente anche nel teatro, ma in misura minore – ogni battuta è sostenuta dalla gestualità dell’attore, dall’intonazione, da come viene diluita nel tempo e ovviamente dal modo in cui il regista decide di inquadrare la scena imponendo il suo personale punto di vista. Come ho sentito più volte ripetere allo scrittore Giorgio Pedrazzi durante i suoi corsi di scrittura, bisogna considerare la propria sceneggiatura come una sorta di binario sul quale si può viaggiare a diverse velocità. Il binario è sempre lo stesso e collega la stazione di partenza con quella di arrivo, ma modi e tempi di percorrenza possono cambiare radicalmente da disegnatore a disegnatore e la funzione del copione è unicamente quella di mantenere tutti i “treni” in carreggiata.
Per quanto sia valido il testo di partenza e nonostante siano stati prodotti straordinari e dettagliatissimi storyboard, una volta giunti sul set sono tante le variabili che determinano la buona riuscita di una scena. Sul set le invenzioni sono all’ordine del giorno e di certo gli autori non si preoccupano delle modifiche dell’ultimo minuto perché sanno fin troppo bene che solo il regista ha il polso della situazione e la possibilità di verificare se una trovata funziona davvero oppure no.
Non so fino a che punto Snyder si sia sentito libero di esercitare il suo “potere”, ma sono convinto che con una storia come quella di Watchmen non deve essere stato facile per lui rimanere sempre sul “binario” anche quando il suo istinto di uomo di cinema gli suggeriva di sperimentare strade diverse.
Pur non apprezzando affatto lo stile di questo regista, bisogna dargli atto di aver condotto l’operazione con lodevole disciplina, ma purtroppo per lui, ed è quasi un paradosso, le parti che funzionano meglio sono proprio quelle in cui sorprende “tutti” gli spettatori proponendo idee visive originali e più coerenti con il suo modo di intendere l’arte cinematografica. Tra queste segnalo i titoli di testa a cui abbiamo già accennato, ma anche la sequenza in cui Janey Slater, malata di cancro, irrompe nello studio televisivo per mostrare al mondo quale è stata la sua ricompensa per aver amato il Dottor Manhattan.
Altra scena particolarmente efficace è quella nella quale Rorschach prima di fuggire dal carcere si riappropria della sua “faccia” sbeffeggiando lo psichiatra a cui era stato affidato.
«Fondamentalmente, uno scrive la versione vendibile della sceneggiatura in modo
che risulti la più attraente possibile, in modo che il funzionario di produzione la legga e dica: "Ehi aspetta un momento, si possono fare parecchi soldi con questa roba.»
William Goldman (sceneggiatore di Butch Cassidy, Tutti gli uomini del Presidente, Il maratoneta).
Non ho seguito la vicenda da vicino, e non so chi si debba ringraziare per il film tratto da Watchmen, ma se i tipi della Warner Bross si sono convinti a sganciare soldi per produrre questa pellicola, evidentemente qualcuno è stato tanto abile da presentare il progetto come l’ennesimo blockbuster supereroistico con personaggi sconosciuti ma creati dall’unico sceneggiatore capace di smuovere in massa gli appassionati di fumetti e anche parte del pubblico generalista.
Il cinema è arte, ma anche industria, quindi non mi meraviglierei troppo se scoprissi che la versione uscita in sala è del tutto identica (o quasi) a quella proposta da Snyder o da chi per lui, ai dirigenti degli studios hollywoodiani.
Intendiamoci, Watchmen è davvero un’opera “infilmabile”, ma dimenticando almeno per un attimo l’origine di questa sublime storia e i tagli operati, possiamo concludere che la pellicola di Snyder è lineare, ben strutturata e dà ai fan del fumetto quello che probabilmente si aspettavano di vedere. Nonostante i problemi di cui abbiamo già parlato e quelli su cui mi soffermerò nel prosieguo di questo articolo, difficilmente Watchmen si troverà a competere ai Razzie Awards, e se anche non passerà alla storia come il miglior adattamento ottenuto da una serie fumettistica, con molta probabilità porterà nelle casse della Warner almeno il necessario per ripagare le spese.
«La sola cosa che non mi è piaciuta di Wachmen è stato l’effetto che ha avuto sull’industria… La mia visione dell’essenza di Watchmen era di un’opera radicalmente diversa che aveva preso molti rischi cercando di fare qualcosa che non era mai stato fatto prima. (…) La mia speranza dopo aver fatto Watchmen era che venisse letto e che si dicesse: “Wow, possiamo fare storie di supereroi ma più violente e con più sesso e parolacce”. La mia speranza era che pensassero: “Ecco delle interessanti possibilità narrative; ci sono cose delle tecniche di racconto che forse potrei adottare, o cambiare un po’ e idearne qualche altra”. Stavamo cercando di dire: “attenzione, guarda, c’è un mondo di possibilità là fuori. Watchmen è solo il nostro modo di esplorarne qualcuna”. C’era un mondo di possibilità e ciascuno avrebbe dovuto esplorare le proprie. Invece ci furono una serie di rimasticature di Watchmen.»
Alan Moore
Alla luce di questa dichiarazione, appare evidente che Snyder ha completamente disatteso le aspettative di Moore realizzando un film che non solo non presenta innovazioni sul piano del linguaggio cinematografico, ma che appare tutto sommato molto convenzionale anche rispetto a tante produzioni televisive (la vera avanguardia del cinema) e a pellicole sofisticate come Wall-E. Se non lo avete presente vi basti sapere che in questo film prodotto dalla Pixar si racconta la storia di un robot muto che per una mezzoretta vaga da solo su una Terra abbandonata.
Visto che per i lettori del graphic novel le sorprese sarebbero state comunque poche, probabilmente Snyder si sarà chiesto in che modo gratificare questo “zoccolo duro” che avrebbe recepito il film in modo diverso dagli altri spettatori. A giudicare da quello che è giunto in sala, la risposta a questa domanda deve essere stata “rendiamo Watchmen ancora più duro, mostriamo come sarebbe stato il fumetto se la censura della DC non avesse imbrigliato la creatività di Moore e Gibbons”.
Detto fatto, Snyder non solo ha riproposto le medesime scene violente presenti nel fumetto, ma le ha anche “dopate” con effetti splatter che non aggiungono nulla sotto il profilo diegetico e assolvono solo alla funzione di destare a intervalli regolari l’attenzione dello spettatore.
Tre scene sono particolarmente esemplari in questo senso.
Durante la seduta con lo psicologo Rorschach ricorda quando da bambino reagì violentemente alla provocazione di due bulli e Snyder mostra il flashback in cui il piccolo Kovacs morde uno dei due teppisti come un vero e proprio zombie.
E’ vero, il morso era presente anche nel fumetto, ma il disegnatore non mostra le conseguenze dell’atto perché avrebbe fatto perdere realismo alla scena distraendo lo spettatore da particolari ben più importanti come la macchia a forma di farfalla che si compone sul volto di Walter durante la lotta.
C’è poi da considerare che all’interno del fumetto il disegnatore è quasi obbligato all’enfasi per sottolineare qualche particolare che potrebbe essere trascurato dal lettore. Nel cinema, ovviamente il processo dovrebbe essere inverso a causa del maggiore impatto che hanno le immagini reali sullo spettatore. Capire quando è il caso di “togliere” piuttosto che “aggiungere” è il vero segreto per mantenere una scena in equilibrio e mantenere intatta la sospensione dell’incredulità.
Restando su questa sequenza, c’è anche da notare come gli autori abbiano tolto il riferimento al bambino fumatore per non correre il rischio di essere presi di mira da quanti hanno dichiarato guerra contro l’industria del tabacco.
La seconda scena inutilmente gore, forse la più gratuita di tutte, e quella che ci mostra il Dottor Manhattan uccidere dei criminali all’interno del club gestito da Moloch.
Anche in questo caso Snyder “sbrodola” soffermandosi con l’obiettivo sui resti organici dei criminali rimasti spiaccicati sul soffitto. Nel fumetto l’episodio viene risolto con maggiore ambiguità e senza spargimenti di sangue, come d’altronde le scene in Vietnam in cui il personaggio cammina maestosamente incendiando la jungla, ma senza colpire direttamente i vietcong. Grazie a questa accortezza, la scena in cui il Dottor Manhattan disintegra Rorschach ottiene un maggiore impatto perché fino a quel momento nessuno aveva effettivamente “percepito” il suo potenziale distruttivo.
Si potrebbe aggiungere che anche il modo di uccidere di Manhattan ha un preciso significato e offre numerosi spunti di collegamento con l’energia atomica che il personaggio rappresenta e con il tema ricorrente degli “amanti di Hiroshima”, ovvero le silhouette dei corpi umani che furono ritrovate nella città giapponese nei giorni successivi allo scoppio della bomba.
L’ultima scena che probabilmente ha fatto storcere il naso ai lettori di Watchmen è quella in cui il Pezzo Grosso vuole vendicarsi di Rorschach ma non è in grado di farlo perché il vigilante ha furbescamente bloccato l’accesso alla sua cella servendosi di un grasso detenuto (Lawrence) a cui l’eroe ha legato le braccia.
Nel fumetto la scena si risolve con lo sgozzamento dell’uomo immobilizzato e la successiva apertura della porta della cella per mezzo di una fiamma ossidrica.
Nel film il senso della sequenza rimane inalterato, ma invece di essere sgozzato con un coltellino, il grasso detenuto viene colpito agli arti con una motosega e ovviamente grazie a questa trovata il set si lorda completamente di sangue.
Come nel fumetto direbbe qualcuno, e invece no perché se osserviamo con attenzione le vignette che ci mostrano questa scena, è più che evidente come il copioso e irreale flusso di sangue che investe Rorschach durante l’omicidio di Lawrence, ha una precisa valenza metaforica perché ci ricollega alla quarta vignetta di pagina 24 del capitolo VI. Nel film, al contrario, il sangue sgorga a fiumi dal corpo mutilato del detenuto offeso, ma gli zampilli investono un po’ tutto e tutti senza una precisa ragione se non quella puramente estetica.
Nonostante Snyder si sia messo d’impegno, non troviamo nel film, ma bensì nel fumetto, la scena che presenta il maggior coefficiente grandguignolesco. Si tratta naturalmente di quella che apre il dodicesimo capitolo e che ci mostra in 6 disturbanti splash-page la distruzione di New York a seguito della materializzazione del mostro alieno creato da Ozymandias.
Di questa scena nel film non v’è traccia, e come sembra da alcune dichiarazioni rilasciate da David Hayter, la ragione per la quale si è preferito rinunciare alla rappresentazione di questa sequenza è strettamente legata agli attentati dell’11 settembre 2001: “Il finale del libro mostra un mucchio di cadaveri insanguinati nel mezzo di Times Square, persone macellate che pendono dalle finestre. Rappresentare graficamente una situazione così in un fumetto del 1985 è differente che farlo con immagini realistiche in un film nel post 2001. Questa era una preoccupazione reale e l‘ho condivisa.
Se stai lavorando a un film da 40 milioni di dollari allora bene: corpi insanguinati in ogni dove. Si tratta di un film di nicchia, e solo i veri appassionati andranno a vederlo. Non va bene, invece, se fai lo stesso su scala più grande. (…) Mi sarebbe piaciuto vedere sullo schermo un finale come quello del libro ma ho condiviso il dolore che tutti coloro che vivono qui hanno provato quando sono accaduti i fatti dell’11 settembre. I miei primi anni di lavoro su questo progetto risalgono agli anni tra il 2000 e il 2005 e allora l’11 settembre era molto più fresco nella memoria della
gente. Quindi non è stato un volere solo dello Studio. L’ho fatto per loro ma senza costrizioni.".
Sulla medesima questione si è espresso Dave Gibbons, ma pur essendo stato l’unico autore di Watchmen a collaborare attivamente alla realizzazione del film, il disegnatore ha fatto capire chiaramente di non essere affatto allineato sulle stesse posizioni dello sceneggiatore: “Io ritengo che le conseguenze della violenza debbano essere mostrate graficamente proprio per evidenziare quanto la violenza sia sgradevole. Non è che hai una macchiolina di sangue, ci metti un cerotto e quindi ti senti meglio. (…) Credo che quello dell’11 settembre rimanga un tema delicato, e questo cambia la questione, il modo di trattarla.
Però usare l’11 settembre come pretesto per modificare il finale non mi pare giusto. Soprattutto considerando che il film mostra in precedenza una bambina nella bocca di un cane e un sacco di violenza. Perché rimanere fedeli al libro per tutto il film per poi gettare la spugna proprio sul finale? Provo comprensione per i registi che devono avere a che fare con gli studi cinematografici ma avrebbero potuto fare uno sforzo in più per incontrarsi a metà strada. Magari avrebbe potuto essere meno grafici nel mostrare la violenza illustrata nel libro ma avrebbe dovuto esserci un modo per il regista di mostrare quelle vite spezzate. La perdita di quelle immagini crea confusione e annacqua la serietà del finale del film.”
Da parte mia posso solo aggiungere che cambiando il finale, gli sceneggiatori avevano a portata di mano la soluzione del problema. Bastava infatti mostrare gli effetti delle esplosioni in tutte le città coinvolte senza focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle vittime della Grande Mela.
«L’ho ucciso per soldi e per una donna. Ma non ho ottenuto i soldi e non ho ottenuto la donna.»
Fred MacMurray in La Fiamma del peccato di Billy Wilder.
Sangue, sesso e soldi, recita una vecchia formula magica che ad Hollywood non è passata mai di moda. Se associamo i soldi al potere, possiamo affermare che gli effetti delle tre “esse” si fanno sentire anche in Watchmen.
Del sangue abbiamo già parlato, del potere tratteremo più avanti, quindi ora ci soffermeremo un attimo su come Snyder ha saputo gestire le tematiche erotiche presenti nel fumetto.
Quando hanno iniziato a circolare le prime immagini del Dottor Manhattan, qualcuno ha fatto notare che le dimensioni del suo pene risultavano eccessive rispetto alla versione “vitruviana” fornita da Gibbons nel graphic novel. Onestamente, non credo che questa sia una questione sulla quale valga la pena dilungarsi più di tanto, ma è anche vero che prima di oggi non si era mai visto un personaggio dei fumetti che mostrasse in maniera così plateale i suoi organi genitali all’interno di un prodotto mainstream. Certo siamo ben lontani dalle esagerazioni tipiche degli exploitation-movie, ma resta il fatto che anche in questo caso i produttori hanno optato per una soluzione radicale, sfrontata e che francamente non ci saremmo mai aspettati da uno studio hollywoodiano.
Accantonando la questione del Dottor Manhattan superdotato, potrebbe risultare di maggiore interesse riflettere sui motivi che hanno portato a sorvolare su un tema portante del fumetto, ovvero il legame tra il mascherarsi e le pulsioni sessuali dei personaggi. Nel secondo capitolo, durante la scena in cui il Comico tenta di violentare Silk Spectre e fallisce per il provvidenziale intervento di Giustizia Mascherata, il sanguinante Blake dice al suo collega “E’ questo quello che ti piace? E’ questo quello che ti eccita?”. Ciò sottintende che se alcuni giustizieri hanno scelto di combattere il crimine, è perché questa attività permette loro di sfogare “impunemente” una forte aggressività e altri istinti poco nobili.
Dei vecchi Minutemen, tre sono omosessuali (Silhouette, Capitan Metropolis e Giustizia Mascherata), mentre passando alla seconda generazione di avventurieri in maschera, Rorschach mostra più volte di avere tendenze sadiche e Nite Owl II è chiaramente un masochista che in passato ha avuto una torbida relazione con la dominatrice Twilight Lady.
Per capire le profonde differenze tra fumetto e film prendiamo in esame la scena in cui Dan riesce ad avere un rapporto completo con Laurie solo dopo essersi riappropriato del proprio status di supereroe. Il costume evoca in lui sentimenti ed emozioni che probabilmente non ha avuto più modo di provare dai tempi in cui aveva una relazione con la “signora del crepuscolo” e non è un caso se nella sequenza dell’incubo presente nelle pagine del capitolo VII, la prima donna che corre incontro a Dan non è la dolce Laurie, ma la più conturbante e ambigua Twilight Lady.
Nel fumetto, l’unica scena esplicita di sesso è resa con un montaggio estremamente raffinato che si limita a mostrare l’appassionato abbraccio dei due giustizieri e gli effetti del climax rappresentato dalla fiammata di Archie nel pacificato cielo di New York.
La medesima scena nel film viene risolta con un torrido accoppiamento tra i due personaggi sulle note di “Hallelujah” di Leonard Cohen e quando arriva puntuale l’ “eruzione” finale di Archie, lo spettatore è quasi imbarazzato da quella che risulta a tutti gli effetti una trovata banale, volgare e che di certo non aiuta a comprendere le sottili metafore introdotte da Moore con ben altro senso della misura.
La scena forse poteva essere in parte salvata conservando il dialogo post-amplesso in cui i due amanti riflettono sui motivi del loro cambiamento, ma Snyder probabilmente ha pensato di aver già raggiunto il suo scopo e ha preferito non dilungarsi troppo su tematiche che non aveva né la voglia né il tempo di approfondire.
Il regista non è nuovo a questi scivoloni perché ne ritroviamo uno analogo in 300, film incentrato sulla battaglia delle Termopili in cui vediamo “gay palestinesi spartani opposti alle drag queen persiane” (Mancuso Mariarosa, “Il Foglio”, 7 marzo 2009).
Anche nella riduzione del graphic novel di Frank Miller, la sequenza in cui Leonida si abbandona alle gioie del talamo viene gestita dal cineasta con la stessa asetticità di chi è costretto a sbarcare il lunario realizzando patinati videoclip sulle playmate del mese.
Per chi pensa che era effettivamente difficile rendere certe sottigliezze del fumetto facciamo un altro esempio concreto.
La scena in cui Laurie cerca (inutilmente) di sedurre Dan prima della loro scorribanda notturna, nel fumetto viene resa con un montaggio che alterna le immagini dei due protagonisti e quelle di uno schermo televisivo in cui appare Ozymandias impegnato nella sua esibizione a favore degli indiani colpiti dalla carestia.
In Watchmen, Moore incrocia spesso due linee narrative diverse creando dei contrappunti ironici, e anche in questa sequenza le battute di Ozymandias sul suo “sforzo” o sul fatto di essere “poco in esercizio” sono facilmente relazionabili con gli “imbarazzi” del povero Dan.
Nel suo cult movie Un uomo da marciapiede, John Schlesinger ci mostra una scena del tutto analoga a quella ideata dagli autori del graphic novel e al contrario di Snyder, il regista inglese riesce a renderla con grande maestria.
Mi riferisco naturalmente alla sequenza in cui il maldestro gigolò Joe Buck (John Voight) finisce a letto con una donna che si rivela essere una prostituta d’alto bordo. Per rendere meglio l’aspetto grottesco della situazione, Schlesinger sfrutta un montaggio che alterna rapide immagini di quello che realmente sta accadendo tra le lenzuola e frammenti di spot televisivi che indirettamente commentano l’azione principale suggerendo allo spettatore chiavi di lettura paradossali e anche un po’ tragicomiche.
«Secondo me, i film di oggi dovrebbero essere come un'immagine del Caravaggio,
realisti nell'insieme, ma con alcuni piccoli dettagli capaci di dare loro una dimensione misteriosa e spirituale.»
Krzysztof Piesiewicz (sceneggiatore del Decalogo, La doppia vita di Veronica)
«Imparare significa essere capace di cogliere il rapporto tra le cose.»
Jean Renoir
Per quanto si possa aver apprezzato la riduzione di Snyder, credo che chiunque abbia sentito l'esigenza di leggere Watchmen più di una volta si sarà chiesto come sarà il film nella versione home-video e se verranno reintegrate scene importanti come quella che ci mostra il brutale omicidio di Mason o l'episodio che spiega il motivo per il quale Rorschach decide di votarsi alla lotta al crimine.
Inutile fare previsioni che potrebbero essere facilmente disattese, ma a giudicare dal materiale che abbiamo già a disposizione sono indotto a credere che difficilmente un rimpolpamento della storia cambierà la natura dell'operazione.
Probabilmente il nuovo montaggio aiuterà a capire meglio passaggi narrativi che nella pellicola destinata ai cinema sono apparsi troppo repentini, ma mi sembra altamente improbabile che il nuovo editing trasformi radicalmente il film elevandolo allo stesso rango del graphic novel.
Il mio scetticismo nasce dal fatto che l'opera di Snyder ha inglobato la quasi totalità degli elementi presenti nel fumetto, e nonostante questo non è riuscita a far comprendere allo spettatore come tutto sia interconnesso. Niente di ciò che è presente in Watchmen è superfluo e lettura dopo lettura emerge chiaramente che un dettaglio all'apparenza insignificante presente nel primo capitolo, nel prosieguo della lettura diventerà un elemento chiave per capire cosa si nasconde dietro l'agire di un determinato personaggio, oppure di ribaltare la percezione che fino a quel momento abbiamo avuto di un fatto.
Prendiamo ad esempio pagina 6 del quarto capitolo "L'orologiaio" ed esaminiamo nel dettaglio cosa ci viene mostrato. Nella sequenza vediamo Jon Osterman passeggiare in un luna park con la collega Janey Slater. I due sono spensierati, ma all'improvviso accade un fatto che avrà pesanti conseguenze sia per la vita dei due giovani che per il mondo intero: l'orologio di Janey si slaccia dal polso e cade a terra. Prima che possa essere raccolto, un goffo grassone lo calpesta mandando in frantumi il quadrante. Subito dopo assistiamo a un cambio di scena con i due fisici che amoreggiano in un letto, mentre con uno zoom in avvicinamento gli autori ci mostrano in primo piano l'orologio rotto che indica le 8 e 16. Come ben sappiamo, Osterman si farà carico di riparare l'orologio e purtroppo per lui finirà anche per dimenticarlo nel posto sbagliato.
Facciamo un passo indietro e torniamo ad analizzare la pagina 6. Guardando con attenzione possiamo notare tantissimi elementi che ci collegano indirettamente al Dottor Manhattan e al suo ruolo di uomo nucleare. Nella terza vignetta la ruota panoramica presenta chiare allusioni al simbolo dell'atomo di idrogeno che adotterà Manhattan agli inizi della sua carriera. Nella vignetta 4 c'è un bambino e "Little boy" è il nome della bomba sganciata su Hiroshima. Nella successiva, vediamo il grassone allontanarsi dopo aver calpestato inavvertitamente l'orologio di Janey, e "Fat man" è guarda caso il nome dell'ordigno che ha polverizzato Nagasaki. Passando alla vignetta 7, Jon e Janey sono avvinghiati in un abbraccio che ricorda quello degli "amanti di Hiroshima". Il sole rosso, simbolo del Giappone offeso è l'ultimo elemento presente in una questa straordinaria pagina che Snyder ha riproposto sullo schermo per un pubblico che come lui guarda senza vedere, che sente senza ascoltare.
Che Snyder, Hayter e Tse non rientrino nel novero di coloro che hanno avuto accesso ai livelli di lettura successivi oltre a quello base, lo deduco da quello che hanno tolto, e soprattutto da quello che hanno scelto di lasciare nel film.
Ad esempio lo spettatore attento forse ricorderà che nel prefinale, quando Laurie parla per l'ultima volta con sua madre, la scena si apre con l'inquadratura di un apparecchio televisivo che mostra la sigla iniziale della serie di culto The Outer Limits (Oltre i limiti). Nel fumetto, oltre a sentire l'inizio del programma, uno speaker annuncia anche il titolo dell'episodio trasmesso ovvero "Gli architetti della paura". Per chi non ne fosse a conoscenza (e tra questi includo Snyder e i due sceneggiatori), la puntata citata in Watchmen tratta di un gruppo di scienziati pacifisti che, per evitare una guerra atomica, decide di simulare un finto attacco alieno. Esattamente quello che fa Ozymandias nell'opera di Moore e ciò sottintende che il supereroe potrebbe avere avuto l'ispirazione dalla tv. In una vignetta del fumetto ambientata negli anni Sessanta, il giustiziere ci viene infatti mostrato davanti ad un rudimentale sistema a multi pannello con un gatto al suo fianco. Questo dettaglio offre più d'uno spunto di riflessione sugli effetti della "cattiva" televisione e rappresenta un vero e proprio ammonimento per gli autori che non si preoccupano troppo di quale effetto sortiranno con le loro opere.
A questo punto dovrebbe essere ben evidente che, avendo stravolto il finale e scelto di eliminare la minaccia aliena, mantenere comunque la sigla di The Outer Limits non ha assolutamente senso.
Vale lo stesso discorso per Bubastis, quello strano animale che compare in scena nella scena finale a Karnak. Chi ha letto il fumetto sa bene che si tratta di una lince modificata geneticamente, ma lo spettatore che è all'oscuro degli esperimenti di Veidt può considerare l'animale un elemento decorativo, una delle tante eccentricità di un film sci-fi nel quale è inutile cercare di trovare sempre una spiegazione logica.
C'è da chiedersi perché avendo scelto di eliminare il mostro alieno si è deciso invece di mantenere il personaggio di Bubastis in un film in cui la sfida consiste nel semplificare la trama senza omettere le cose davvero essenziali.
Visto che siamo in argomento, spendiamo qualche parola sul cambiamento del finale.
Non ho grandi obiezioni nei confronti della trovata di Hayder e Tse utile a snellire l'intreccio del film permettendo di arrivare al medesimo finale con 30 minuti di girato in meno, ma è ancora da dimostrare che il nuovo piano funziona meglio di quello proposto nel fumetto o che non presenta clamorose falle.
Per ricapitolare sinteticamente ciò che succede nella pellicola, diciamo che Ozymandias sfrutta le conoscenze del Dottor Manhattan per creare delle bombe di energia da far esplodere al momento più opportuno in alcune delle città più popolate del globo. La colpa ricade ovviamente sulle spalle dell'uomo cobalto che agli occhi della gente cessa di essere un protettore dell'America per ergersi a giudice dell'intera umanità.
A parte il fatto che mi sembra difficile far credere che un Dio impazzisca, la vera domanda che non posso fare a meno di pormi ripensando a questo finale è essenzialmente una: se davvero Manhattan avesse voluto punire gli irriconoscenti uomini della Terra, perché non abbandonare l'umanità al proprio destino? Che senso ha uccidere 15 milioni di persone quando la razza umana è sul punto di annientarsi da sola?
Credo inoltre che il fatto si possa anche inquadrare da diverse prospettive. L'uomo della strada americano (come Bernard) probabilmente potrebbe rassegnarsi ad accettare questa versione dei fatti, ma gli altri popoli, superato il primo momento di smarrimento, non avrebbero un motivo in più per guardare con sospetto agli Stati Uniti? E poi chi assicura loro che l'instabile Dottor Manhattan non ritorni nei ranghi tornando a schierarsi dalla parte del suo paese? Comunque la si voglia mettere, l'olocausto provocherebbe un ulteriore corsa agli armamenti e proprio perché esiste la possibilità che il Dottor Manhattan torni a giocare per la squadra dello Zio Sam, escludo che il problema possa essere risolto con un approccio comunitario.
Alla luce di queste considerazioni, dovrebbe essere chiaro che l'attacco alieno è una spada di Damocle di portata tale da spingere davvero i popoli della Terra verso la cooperazione.
Con tutte le sue defaillance, il nuovo finale paradossalmente è assolutamente congruo con la figura di Manhattan presentata nel fumetto. Nell'opera di Moore "il giudice di tutta la terra" è dipinto come un novello Gesù che vediamo in croce (6-22-IV) o cammina sull'acqua (6-25-XII), inoltre nel capitolo III, cioè quello in cui il personaggio viene attaccato e decide di fuggire su Marte, gli autori disseminano in tutte le 28 pagine continui riferimenti cristologici. Accettare il ruolo di capro espiatorio per la salvezza dell'uomo, è dunque un inaspettato colpo d'ala (involontario?) di un copione che ad una analisi approfondita rivela sempre maggiori punti di divergenza rispetto all'opera da cui è tratto.
Un altro aspetto che mi ha lasciato perplesso è stata l'eliminazione di Utopia, il cinema situato davanti al Gunga Dinner che sembra trasmettere solo film di fantascienza degli anni Cinquanta. Oltre al nome del locale già evocativo di per sé e facilmente collegabile al piano di Ozymandias, un'ulteriore ragione per mantenere questo elemento risiedeva nel fatto che alcune pellicole in programmazione (Ultimatum alla terra, Cittadino dello spazio, Vita futura) potevano essere ricollegate facilmente al nuovo finale del film, rafforzando l'idea di un'autorità superiore che dall'alto giudica ed è sempre pronta a punire.
Il vero limite della versione di Snyder, almeno in questa forma, è che dà l'impressione di aver già sparato le cartucce migliori e per questo forse potrà crescere solo con le aggiunte previste nella director's cut. Nel fumetto di Moore succede l'esatto contrario, perché lettura dopo lettura la storia continua a svelare solo parte della sua reale complessità e anche quando pensiamo di aver finalmente trovato una chiave interpretativa univoca e coerente, ecco che si materializza davanti ai nostri occhi un ulteriore particolare che non ci permette di chiudere il cerchio.
Tra le parti del fumetto "provvisoriamente" tagliate e che a quanto pare gli appassionati avranno modo di vedere nel corso dei prossimi mesi, c'è anche quella relativa al cartone animato dedicato a I racconti del vascello nero.
Chiarisco per chi non ha letto l'opera di Moore e Gibbons, che all'interno di Watchmen viene mostrato un bambino (Bernie) impegnato nella lettura di un fumetto di pirati perché in un mondo dove il supereroe fa parte della "quotidianità", la gente comune evade dalla propria realtà attraverso la letteratura avventurosa come quella prodotta tra la seconda metà dell'Ottocento e l'inizio del Novecento da autori come Giulio Verne, Emilio Salgari o Edgar Rice Burroughs.
Nell'economia di Watchmen, la storia parallela del pirata ci permette di comprendere meglio la trasformazione di Adrian Veidt, un personaggio che si autoinveste della responsabilità di salvare il mondo, ma che alla fine capisce di non poter reggere l'opprimente senso di colpa successivo alla realizzazione del suo piano. Il personaggio apre finalmente gli occhi quando il Dottor Manhattan gli fa capire che "niente ha mai fine" perché come dice Moore "La partita non è vinta finché non è finita, e forse non finirà mai. Nel mondo reale, gli avvenimenti non sono spezzettati in storie; è un continuum. (…) Non ci sono finali se non nella fiction. Questo lascia Adrian Veidt ai suoi incubi, con l'improvvisa terrorizzante scoperta di una propria coscienza. Sì, ha degli incubi; sogna di stare nuotando verso la nave di Storie del vascello nero. E' dannato quanto il naufrago della storia che alla fine nuota verso il nero vascello per prendere posto tra la sua terribile ciurma. Ed è lì che anche Adrian Veidt finisce."
Confesso che sono scettico, ma spero che Snyder mi stupisca dimostrando di aver compreso questo importante aspetto, l'unico che giustifica la presenza della storia piratesca all'interno di Watchmen. Considerando che la Warner ha deciso di far circolare un dvd autonomo in cui la storia del protagonista di Naufrago è stata dilatata con un antefatto assente nell'opera di Moore e Gibbons, temo che la presenza del cartone all'interno del film serva solo come spot per invogliare i fan all'acquisto di un prodotto parallelo.
«Ogni sceneggiatura è il sogno che lo scrittore fa su un certo film. Uno può sognare tutti i set che desidera e i migliori attori del mondo, compresi quelli del mondo. Ma quando si gira, bisogna fare i conti con ciò che si ha.»
Jean-Claude Carrière (sceneggiatore di Bella di giorno, Il Fantasma della libertà, La piscina)
In questo film dall’estetica molto curata (e non poteva essere altrimenti) le cose che ovviamente funzionano meglio sono le scenografie, i costumi e la fotografia.
Non c’è dubbio che Watchmen possa costituire un’esperienza visiva esaltante, e infatti anche l’autorevole critico dei “Chicago Sun-Times” Roger Ebert ha individuato in questo aspetto il vero punto di forza del film. Peccato però che non abbia letto il fumetto e ciò lo ha indotto a fare un po’ di confusione su alcuni passaggi come quello in cui il Dottor Manhattan fa emergere dalle viscere di Marte la sua personale versione della fortezza della solitudine (“Nella più spettacolare scena del film, viene esiliato su Marte e in quel totale isolamento si reimmagina come essere umano e fa apparire - o scopre? Non ne sono sicuro - una città incredibile apparentemente fatta di cristallo e concetti matematici.”)
Una cosa della pellicola che funziona male è invece il trucco. Il Nixon di Robert Wisden è provviso di naso posticcio che sembra voler enfatizzare il lato pinocchiesco di “tricky Dick” (giunto qui al quinto mandato), ma la performance macchiettistica di questo ineffabile mestierante e distante anni luce da quella offerta da Frank Langella nell’ottimo Frost/Nixon di Ron Howard.
Passando all’interpretazione degli attori principali, l’unico che può essere considerato un valore aggiunto è Jackie Earle Haley, l’unico veterano del gruppo. La prova dei suoi colleghi oscilla tra il discreto (Patrick Wilson, Jeffrey Dean Morgan, Carla Gugino) e l’inutile (Malin Akerman, Matthew Goode). Pressoché ingiudicabile Billy Crudup per ovvi motivi.
Discutibili le scelte degli interpreti, penalizzati da un’età che non consente di conferire ai rispettivi personaggi la profondità necessaria: quella di Adrian Veidt ad esempio diverge dal modello originale di più di quindici anni.
L’Ozy di Goode è sicuramente il personaggio del fumetto che esce peggio dal trattamento di Hayter e Tse, e ancora una volta il buon senso suggerisce di sospendere il giudizio sulla sua prova in attesa di vedere la versione lunga del film.
«Ora state cercando il segreto ma non lo troverete, perchè in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati.»
Michael Cain nel film The Prestige di Christopher Nolan (2006)
A giudizio di molti, la cosa migliore del film di Snyder sono i titoli di testa che ci mostrano frammenti del passato dei Minutemen e dei nuovi “Watchmen”.
Dal punto di vista della messa in scena direi che il livello qualitativo è piuttosto alto, e in molti casi arriva all’eccellenza, ma se analizziamo tutta la sequenza con un occhio più critico ci possiamo facilmente accorgere che essa presenta piccole incongruenze ed errori grossolani che non ci aspetteremmo all’interno di un’opera che per vari motivi sarà destinata ad essere vista più volte, e anche a breve distanza di tempo.
Vediamo dunque quello che non funziona procedendo nello stesso ordine in cui sono mostrate le scene.
1) Nite Owl II colpisce con un gancio destro un criminale mascherato e armato di pistola. (1939)
Note: Oltre a mostrare il primo Gufo in azione, il quadro sembra voler citare l’episodio dell’assassino dei genitori di Bruce Wayne. L’indizio rivelatore dovrebbero essere le copertine di un albo di Batman affisse sul muro alle spalle di Nite Owl.
C’è da notare però che se il membro dei Minutemen avesse davvero salvato la vita ai genitori dell’uomo pipistrello, Batman probabilmente non sarebbe mai esistito. Nel suo libro Sotto la maschera, Mason rivela di aver maturato la scelta di diventare un giustiziere leggendo le storie di Superman e altri eroi pulp come Doc Savage e The Shadow. La citazione di Batman è comunque giustificata perché sempre nel capitolo II della sua biografia, Nite Owl cita un episodio molto simile a quello in cui sono stati coinvolti i genitori di Wayne.
Piccola curiosità: Il primo Gufo è mancino, ma qui colpisce di destro.
2) Silk Spectre in posa accanto agli agenti della polizia. L’eroina ha in mano un giornale che celebra le sue vittorie “Il mondo del crimine è pazzo per Silk Spectre”. (1939)
Note: Snyder ha reso visivamente il contenuto dell’articolo presente nell’appendice del capitolo IX.
3) Il Comico ha catturato un ladro e recuperato la refurtiva. (1939)
Note: Sostanzialmente inutile perché non aggiunge nulla a quanto già sappiamo o abbiamo intuito.
4) Il momento in cui viene scattata la foto del gruppo originale dei Minutemen nel 1940.
Note: un duplicato esatto.
5) L’Enola Gay si allontana dopo aver sganciato “Little Boy” su Hiroshima. (1945)
Note: Durante la Seconda Guerra Mondiale, molti aerei impegnati in battaglia avevano disegni sulla fusoliera quindi niente di strano che sull’Enola Gay ci fosse una immagine della diva del momento, ovvero la sexy mascotte Miss Jupiter.
6) Festeggiamenti per la fine del conflitto a Times Square. Silhouette bacia un’infermiera. (1945)
Note: Snyder reinterpreta con grande senso dell’ironia la celebre foto “Kissing the War Goodbye” di Victor Jorgensen. Questa scena è particolarmente funzionale se osserviamo il marinaio che arriva evidentemente in ritardo e di fatto resta a bocca asciutta. Si tratta di una trovata particolarmente brillante perché anticipa la natura dei malesseri che porteranno nel 1977 ad emanare la legge Keane.
7) L’omicidio di Dollar Bill. (1946)
Note: Il supereroe è morto perché durante una rapina gli è rimasto il mantello impigliato in una porta girevole.
8) Festeggiamenti per il ritiro di Sally. La supereroina è incinta di Laurie. (1949)
Note: Snyder si diverte a rappresentare L’Ultima Cena di Leonardo, ma sostituisce Gesù e i suoi apostoli con i vari membri del gruppo dei Minutemen. Rispetto al fumetto il ritiro è posticipato di due anni. Nel “quadro” appare anche Silhouette, ma non dovrebbe essere così visto che nell’opera di Moore l’eroina lesbica è stata uccisa insieme alla sua amante nel 1946. Altro errore, e di peso ben maggiore, è quello di mostrare il Comico seduto allo stesso tavolo con Giustizia Mascherata (giustamente accanto al suo amante segreto Capitan Metropolis). I due se la sono giurata fin dal 1940, e cioè da quando Blake ha tentato di stuprare Sally Jupiter e per questo è stato estromesso dai Minutemen. Se non avete letto il fumetto e vi state ancora chiedendo chi sia l’ometto alle spalle di Sally, la risposta è Larry Schexnayder, l’agente pubblicitario che la supereroina ha sposato (nel fumetto) nel 1947.
9) L’Uomo Falena, evidentemente fuori di testa, viene trascinato verso l’autoambulanza da due infermieri. Un terzo uomo è pronto a fargli indossare la camicia di forza. (1949-1954 ?).
Note: Mothman, è stato perseguitato negli anni del Maccartismo e, a causa dello stress eccessivo, il supereroe ha finito per accusare un forte esaurimento nervoso.
10) Silhouette e la sua amante uccise. Sul muro la scritta “puttane lesbiche”. Sul letto c’è la foto scattata a Times Square nel 1945. (?)
Note: Nel fumetto i giornali rivelano l’omossessualità di Silhouette nel 1946 e l’eroina viene esclusa dai Minutemen. Sei settimane più tardi le due amanti vengono uccise.
Non abbiamo più punti di riferimento temporali perché Snyder ha alterato la cronologia ufficiale.
11) Un uomo esce dalla camera da letto di Sylvia Kovacs sotto gli occhi del piccolo Walter. Ci sono altri “clienti” in attesa e uno di questi legge la New York Gazette che mostra il titolo “I russi hanno la bomba atomica”. (1949)
Note: Ancora un po’ di confusione considerando che molto probabilmente la crisi di Mothman deve essere sopraggiunta negli anni Cinquanta.
12) Stretta di mano tra Kennedy e il Dottor Manhattan (1961).
Note: Una scena estratta dal IV capitolo del fumetto.
13) Il Comico uccide il presidente Kennedy a Dallas il 22 novembre 1963.
Note: Nel fumetto si intuisce che Blake potrebbe aver ucciso Kennedy, ma non viene mai detto apertamente. Stesso discorso per Carl Bernstein e Bob Woodward, i due giornalisti del “Post” che scoprirono le manovre degli uomini di Nixon all’interno dell’hotel Watergate.
14) Sally e suo marito litigano mentre Laurie osserva la scena. L’inquadratura scivola sulla tv che mostra le immagini dell’attentato all’Brinks Hotel avvenuto il 24 dicembre del 1964.
Note: Nel 1964 Laurie ha 15 anni e non 5 come ci viene mostrato nella scena. Ricordiamoci che Sally veniva mostrata incinta nel 1949. Proprio non ci siamo mister Snyder!
15) Due criminali catturati da Rorschach. (dopo il 1956 prima 1975)
Note: Da notare a terra la “firma” del giustiziere.
16) Missili nucleari sovietici a Cuba. (1962) Castro guarda aerei americani che sorvolano la capitale.
Note: Siamo tornati indietro nel tempo oppure il regista ci vuole mostrare come si è intensificata la corsa agli armamenti a causa della presenza del Dottor Manhattan?
17) Pacifisti protestano per la guerra in Vietnam. Una ragazza hippie si avvicina al fucile di un soldato e infila un fiore all’interno della canna. Nonostante l’atto di non belligeranza, i militari sparano contro i dimostranti.
Note: In questa scena Snyder fonde (consapevolmente?) due celebri scatti realizzati nel 1967 da fotografi diversi. Nella foto di Marc Riboud, viene infatti mostrata una giovane ragazza che si para davanti ai soldati con un fiore in mano. In quella di Bernie Boston vediamo invece un ragazzo che effettivamente inserisce dei fiori all’interno delle canne di alcuni fucili.
18) Andy Wharol presenta un ritratto dedicato a Nite Owl II. Accanto a lui c’è l’amico di sempre Truman Capote. (1969-1975 ?)
Note: Alle spalle di Wharol, sul fondo, c’è un uomo con il cappello (!) che osserva quadri che rappresentano macchie di Rorschach. Mentre l’inquadratura si allarga, sulla sinistra appare un secondo ritratto dedicato ad Adrian Veidt. Il ragazzo nudo che compare sulla scena non permette di notare questi particolari. Dovrebbe rappresentare il Dottor Manhattan che mette in ombra i suoi colleghi?
19) Sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna. Il Dottor Manhattan scatta una foto a Neil Armstrong. L’astronauta pronuncia la frase “Buona fortuna signor Gorsky”. (1969)
Note: Nel fumetto questa scena non è presente e l’idea di inserirla nel film non mi pare particolarmente brillante perché potrebbe far sorgere ulteriori domande alle quali la sceneggiatura non risponderà mai.
La frase di Armstrong pare riferirsi ad una battuta pronunciata dal pilota statunitense durante una delle fasi dell’allunaggio. Come è stato rivelato molti anni più tardi, pare che i signori Gorsky fossero i vicini di casa di Armstrong e quest’ultimo, quando era piccolo, aveva sentito la signora Gorsky respingere le audaci richieste sessuali del focoso marito con la frase «Sesso orale? Vuoi del sesso orale? Lo avrai quando il bimbo dei nostri vicini camminerà sulla Luna!».
20) Ozymandias in posa per la stampa davanti all’ingresso dello Studio 54, storica discoteca newyorkese passata alla storia come il tempio incontrastato della disco music. Terminata la seduta fotografica, vediamo l’uomo più intelligente del mondo tornare dai suoi amici vip tra cui possiamo riconoscere i Village People, Mick Jagger e David Bowie. (1977?)
Note: Fa effetto vedere Ozy dare la mano a Bowie perché il personaggio di Adrian Veidt ricalca in tutto e per tutto il protagonista del film di Nicholas Roeg L’uomo che cadde sulla Terra, interpretato per l’appunto dal “Duca Bianco” nel 1976. Nel 1977, anno in cui è stato inaugurato lo Studio 54 e si sono formati i Village People, in realtà Bowie aveva già smesso da un bel po’ i panni di Ziggy Stardust, il leader degli Spiders From Mars. Evidentemente la scelta di rappresentare il cantante inglese nella sua veste più famosa nasce dall’esigenza di renderlo più facilmente identificabile per lo spettatore. Se riflettiamo che Ziggy era in realtà un personaggio alieno, gli sceneggiatori avevano più di un motivo per mostrare l’eclettico Bowie in un altro momento della sua carriera.
21) Il nuovo gruppo dei Watchmen in posa come gli ex Minutemen. (?)
Note: Nel fumetto l’unica riunione dei Crimebusters c’è stata nel 1966 quindi si tratta ancora una volta di un’inspiegabile passo da gambero? Si potrebbe anche aggiungere che di fatto il gruppo non si è mai formato, quindi che senso ha questa foto scattata con evidenti fini promozionali?
22) Mentre nello schermo tv Nixon celebra il suo terzo mandato, New York è in agitazione: la gente è scesa in piazza per sostenere le forze di polizia e la legge Keane che dichiara tutti i vigilanti fuorilegge. (1977)
Note: Le elezioni presidenziali statunitensi si sono tenute il 2 novembre 1976. Le immagini della vittoria di Nixon quindi non concordano con quelle dei disordini esplosi a New York nel 1977. Considerando che la legge Keane è stata approvata il 3 agosto del 1977 per risolvere il problema dello sciopero delle forze dell’ordine, ritengo poco probabile che dal 20 gennaio (giorno dell’insediamento vero e proprio del nuovo Presidente) fino agli inizi di agosto, New York sia rimasta senza controllo.
Forse per qualcuno gli errori messi in evidenza sono ben poca cosa o comunque non tali da compromettere la fruizione del racconto, ma ciò non impedisce di chiedersi per quale motivo non sono stati rispettati i principi di coerenza e verosimiglianza.
Ricorrere sistematicamente a trucchetti per gettare fumo negli occhi, probabilmente non è il sistema migliore per convincere i milioni di fan che da anni attendono di vedere il risultato del tuo lavoro e sono pronti a giudicarlo senza fare particolare sconti.
A questo punto mi chiedo: Zack Snyder ha sovrastimato le proprie capacità, o al contrario ha sottovalutato l’intelligenza dello spettatore medio e in particolar modo del lettore di fumetti medio?
A mio parere, il vero problema nei titoli di testa, è che, nonostante Dylan continui a ripetere che ”i tempi stanno cambiando”, di fatto, sul grande schermo, di cambiamenti ce ne vengono mostrati ben pochi. Fin dalle prime immagini è evidente che gli avventurieri di Watchmen sono “diversi” da quelli che ci sono stati mostrati fino ad oggi. Sono più incattiviti, hanno le stesse debolezze e gli stessi vizi dell’uomo per il quale dovrebbero costituire un esempio di virtù. Non si fanno scrupolo di uccidere e in alcuni casi sono dei veri e propri farabutti (come il Comico). Hanno un spiccato senso degli affari e mercificano la loro immagine appena ne hanno l’occasione. I tempi stanno cambiando? Non mi pare proprio, perché anche la seconda generazione ricalca le orme di quella precedente, mentre il mondo ha scoperto tutto ad un tratto di averne abbastanza di falsi dei.
Eliminare Hollis Mason, l’avventuriero naif che più di ogni altro offriva concreti punti di contatto con l’idea comune del supereroe “classico” è stato probabilmente il più grande errore commesso dagli sceneggiatori. Quale modo migliore per rappresentare il fallimento del sogno americano se non attraverso il barbaro omicidio del primo Gufo? Hollis Mason è un personaggio che sta a Watchmen, come James Stewart sta ai film di Frank Capra e nel fumetto è proprio l’ insensato omicidio di questo eroe che fa comprendere al lettore che si è giunti a un punto di non ritorno, che l’intera umanità è ormai coinvolta in una folle e inarrestabile danse macabre dalla quale nessuno si potrà sottrarre.
Il film di Snyder concede ad Hollis Mason solo un siparietto con Dan, ma data la didascalicità dei dialoghi è evidente che l’unica funzione di questo personaggio è quella di trasmettere le prime informazioni sugli eroi del passato. Troppo poco se si considera che nel fumetto Hollis Mason è il motore dei primi tre capitoli e che di fatto è l’unico a rappresentare la faccia giusta della medaglia, il paladino senza macchia con il quale si empatizza spontaneamente.
«Quale senso ha più la musica in giorni di oggi? Lei veramente pensa che la gente che viene in sala sa cos’è la musica? Essi solamente credono che diventano più intelligenti perché sentono commozione in pancia e questo fa importante: con Beethoven tutti diventano cavalieri a cavallo contro nemico.»
Il direttore d’orchestra Balduin Baas in Prova D’Orchestra di Federico Fellini (1979)
– Sente che cosa suonano?
– Sì
– Le dice niente?
– Sì, è una vecchia canzone: come tutte le vecchie canzoni, mi ricorda qualcosa che non ricordo.
Laurence Olivier e Katharine Hepburn in Amore fra le rovine di George Cukor (1975)
Non sono molte le canzoni e pezzi di musica classica citati da Moore in Watchmen che ritroviamo nel film di Snyder.
Il regista americano ha avuto un occhio di riguardo per Bob Dylan giustamente rappresentato con 3 canzoni, ma in due casi si tratta di cover firmate da Jimi Hendrix (“All along the Watchtower”) e dai My Chemical Romance (“Desolation Row”).
Mister Zimmerman fa ovviamente la parte del leone nei titoli di testa con la già citata “The Times They Are A-Changin”. Il regista parte quindi con il piede giusto, ma purtroppo le sue scelte successive non sono altrettanto illuminate.
Sempre estratta da Watchmen troviamo la canzone di Billie Holliday “You're My Thrill”, brano che nel fumetto “ascoltiamo” come sottofondo durante la scena in cui Dan e Laurie tornano in azione. Nite Owl II è un uomo che guarda al passato con nostalgia e i suoi gusti musicali riflettono questo aspetto della sua personalità. Nel film, la canzone di Lady Day è inspiegabilmente utilizzata nella scena in cui il Dottor Manhattan cerca di eccitare Laurie sdoppiandosi. Dunque un cambiamento davvero bizzarro e assolutamente immotivato.
L’ultimo punto di congiunzione musicale tra le due opere è “La cavalcata delle Valchirie” di Richard Wagner. Nel film Snyder inserisce le note di questa sinfonia come sottofondo durante l’avanzata del Dottor Manhattan in Vietnam, e per molti si è trattato di una strizzatina d’occhio ai cinefili che senz’altro ne ricordano l’utilizzo da parte di Francis Ford Coppola in Apocalypse Now.
Oltre a questa chiave cinephile, si potrebbe aggiungere che negli estratti di Sotto la maschera presenti alla fine del primo capitolo del fumetto, Mason cita “La cavalcata delle Valchirie” associandola all’episodio più triste della sua vita.
Probabilmente l’idea di utilizzare l’opera di Wagner potrebbe derivare proprio da questa fonte, peccato però che gli sceneggiatori si siano lasciati sfuggire l’occasione di creare un collegamento ancora più stretto con il fumetto e con il film di Coppola escludendo dal copione la battuta che dice Rorschach nella seconda vignetta di pagina tre dell’XI capitolo: “Ci stiamo avvicinando al cuore della tenebra”. Cuore di tenebra è infatti il titolo del romanzo di Joseph Conrad che ha ispirato Apocalypse Now.
L’unico pezzo citato nel fumetto e che ritroviamo perfettamente incastonato nello stesso punto della storia in entrambe le opere è “All along the Watchtower”.
Per le altre canzoni scelte da Snyder si può dire che il regista non ha brillato per originalità e in alcuni casi le sue scelte sono assolutamente inadeguate.
La scena dove l’elemento musicale “lavora contro” l’obiettivo perseguito da Snyder è sicuramente quella che mostra l’amplesso di Dan e Laurie. Quello di Cohen è davvero un gran pezzo, ma il mix tra musica e immagini è davvero indigesto anche per gli spettatori che non si possono definire di bocca buona.
Discorso a parte merita “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel. Snyder ci fa sentire la canzone durante il funerale del Comico, ma le ragioni di questa scelta non è chiara.
Brano simbolo della fine degli anni Sessanta, la canzone del duo è strettamente associata al Laureato di Mike Nichols, una delle pellicole di maggiore successo del periodo.
Come Schlesinger, anche Nichols è un regista di razza e aveva utilizzato il pezzo fin dalla magistrale apertura che ci mostrava Dustin Hoffman immobile e trascinato dalla scala mobile. Una chiara metafora di un personaggio incapace di gestire la propria vita e che si limita a seguire la corrente in attesa che qualcosa lo risvegli dal suo torpore esistenziale. Paul Simon scrisse la canzone per rendere ancora più tangibile il senso di vuoto provato dagli americani dopo la scomparsa di Kennedy, ma nel contesto del Laureato il brano assumeva una valenza diversa e rappresentativa di un profondo disagio interiore che sconfinava nell’apatia.
Come già detto, Snyder se ne appropria e lo giustappone alle immagini in maniera calligrafica e senza alcun guizzo di originalità. Anzi, per dirla tutta, perde anche l’ennesima occasione per dimostrare di aver realmente afferrato la grammatica base di Watchmen.
La sequenza parte infatti con l’inquadratura di un angelo nel cimitero, esattamente come nel fumetto, ma mentre nell’opera di Moore e Gibbons l’angelo rappresenta Sally che piange per il destino del Comico – e non a caso l’immagine mostra anche un diretto riferimento alla sua celebre spilla smiley – nella pellicola ogni elemento metaforico è stato eliminato e la scena procede nel più retorico dei modi mostrando solo un funerale reso ancora più triste dalla pioggia che continua a cadere “sui giusti e sugli ingiusti”.
Ultimo esempio di uso “maldestro” dello score, riguarda il momento in cui vediamo Nite Owl II e il Comico durante i tafferugli scoppiati a New York durante lo sciopero della polizia nel 1977. Come colonna sonora della scena Snyder opta per “I'm Your Boogie Man” dei KC & The Sunshine Band. Qualcuno si potrebbe interrogare sul senso di una canzone pop-dance in un momento del racconto altamente drammatico, altri invece, potrebbero anche giustificare la scelta come il tentativo di rappresentare la scena dal punto di vista del Comico, un personaggio cinico che spara alle persone nello stesso modo con cui abbatte le bottiglie in un parco giochi. Sarei anche d’accordo con quest’ultima chiave interpretativa, ma se prendiamo in esame il fatto che questa precisa sequenza è in realtà un ricordo di Dan, la scelta di Snyder appare ancora una volta scorretta e assolutamente non congrua con la personalità del secondo Gufo Notturno.
«Anche se ho un estremo rispetto per certi libri, credo che per poterli trasformare in film occorra essere assolutamente irriverenti. A quel punto, per me conta solo la sceneggiatura, e arrivare a scrivere una sceneggiatura che funzioni diventa la mia unica preoccupazione. Non ho sensi di colpa quando cambio radicalmente certe scene o ne invento di nuove. A volte ciò che funziona a meraviglia in un libro, non funziona affatto in un film.»
Ruth Prawer Jhabvala
Concludo questo lunghissima riflessione su Watchmen 1.0 con alcune considerazioni su come, almeno secondo il sottoscritto, doveva essere sviluppato questo film.
Stabilito che era effettivamente impossibile non apportare dei tagli sostanziali alla trama per ottenere qualcosa di “commercialmente” spendibile, forse sarebbe bastato adottare una struttura narrativa di stampo classico (i cosiddetti tre atti) e adottare esclusivamente il punto di vista di Rorschach. Non dico questo perché sono rimasto particolarmente colpito dall’ottima prova di Jackie Earle Haley, ma solo perché a conti fatti è proprio Rorschach il vero collante del romanzo e la sua figura di private-eye avrebbe permesso di costruire un ottimo noir psicologico dove l’elemento fantascientifico resta in secondo piano esattamente come succede nel fumetto.
Una scelta così estrema (ma lo è poi veramente?) avrebbe condotto a cambiamenti radicali (meno peso al Dottor Manhattan e Laurie), ma con un copione ben scritto niente di veramente necessario sarebbe stato sacrificato e la parabola della storia sarebbe rimasta immutata.
Non sarebbe stata una soluzione coraggiosa e interessante mostrare il Dio Manhattan solo da lontano e far calare lo spettatore nei panni dell’uomo comune? A tal proposito non possiamo dimenticare che tra le cose tolte da Snyder ci sono dei memorabili personaggi “presi dalla strada” che reggono magnificamente la scena e non hanno nulla da invidiare ai personaggi di primo piano quanto a caratterizzazione. Tra tutti ricordo quello di Bernard, un giornalaio che registra ogni giorno gli umori della comunità e che è capace di sorprendere il lettore fornendo personalissime e spiazzanti letture dei fatti. Un esempio emblematico lo troviamo nella sequenza del capitolo III che ci mostra l’uscita del nuovo numero di “Nova Express” e la sorprendente reazione dell’edicolante alla notizia che il superuomo azzurro ha contagiato la sua precedente partner: “La sua ex dice che non potevano intendersi sul piano sessuale! Il che vuol dire che è pure frocio! Mia moglie aveva pure fantasie sessuali su quel mostro! Io l’ho sempre sospettato…”.
Quindi meno Watchmen, ma più Marvels, la miniserie di Kurt Busiek e Alex Ross in cui i veri protagonisti della storia sono uomini normali quotidianamente alle prese con esseri straordinari di cui si può percepire solo l’ immagine di facciata.
Ovviamente dico tutto questo nell’assoluta consapevolezza che se Snyder avesse davvero seguito questo consiglio, fallendo, questo articolo avrebbe avuto un tono completamente diverso e oggi saremmo tutti qui a ripetere la fatidica frase: “ma non gli bastava seguire la storia come è stata scritta?”.
«Non è necessario che un regista sappia scrivere ma, se sa leggere, aiuta.»
Billy Wilder
Francesco Moriconi
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