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mercoledì 25 novembre 2009
INTERVISTA SU RAPPORTO CONFIDENZIALE (marzo 2009).
A quando risale la tua prima lettura di Watchmen?
La prima volta che ho visto qualcosa del lavoro di Moore e Gibbons è stato all’interno di “Corto Maltese”. Non ero un lettore della rivista, ma sul finire degli anni Ottanta ricordo di aver intercettato un numero che aveva in allegato uno dei capitoli. Comunque ho avuto modo di leggerlo la prima volta quando la Rizzoli ha finalmente pubblicato il libro nel 1993. Successivamente ho poi comprato tutte le edizioni pubblicate in Italia e naturalmente quella in lingua originale.
Cosa distingue, secondo te, Watchmen da altre famose opere a fumetti?
Una domanda difficile a cui ognuno potrebbe dare una risposta diversa e poi si è scritto talmente tanto su questo argomento che rischio solo di ripetere i soliti concetti. Da parte mia ti posso dire che quello che mi fa ritenere Watchmen un capolavoro è il fatto che si tratta di un’opera “esoterica”, cioè che presenta misteri che possono essere svelati gradualmente e solo progredendo di livello in livello. E’ un fumetto che funziona per tutti, ma forse per capire la vera natura di questo romanzo bisogna in qualche modo essere stati “iniziati”, approcciare Watchmen come si farebbe con qualsiasi altro fumetto, supereroistico e non, ti manda fuori strada. Non ho difficoltà ad ammettere alla fin dalla prima lettura ho apprezzato la coralità del racconto, la sublime tessitura narrativa di Moore, il funzionale disegno di Gibbons, le continue invenzioni che ritroviamo pressoché in tutte le sequenze, eppure, nonostante tutto questo, io sono riuscito a capire davvero l’immenso valore di questo capolavoro solo dopo essermi imbattuto casualmente nelle annotazioni sul fumetto di Doug Atkinson. Al di là di cosa ha saputo brillantemente mettere in luce questo ragazzo americano, il merito del suo lavoro è stata quello di avermi aiutato ad aprire gli occhi e a guardare dentro il fumetto con un’attenzione completamente diversa. Pur lavorando già da anni come sceneggiatore, evidentemente anch’io ero vittima di qualche pregiudizio che non mi ha permesso di relazionarmi a Watchmen nel modo più corretto, e per questo ribadisco che a volte si rischia di non entrare in sintonia con un’opera a causa di fattori che non hanno nulla a che vedere con il bagaglio personale che pesa sulle nostre spalle o la nostra concezione del buon gusto.
Per riallacciarmi alla domanda, si può dire che Watchmen è forse l’unico fumetto capace di vincere ogni pregiudizio. Anche il più irriducibile oppositore della nona arte davanti a Watchmen non può che alzare le mani e ammettere che l’inclusione di questo graphic novel nella lista dei cento capolavori della lettura inglese redatta qualche anno fa da “Time” è pienamente giustificata.
Come ti sei avvicinato al progetto di questa guida alla lettura?
Dopo aver letto le annotazioni di Atkinson, mi sembrava che ci fosse ancora molto da dire e un po’ per gioco mi sono messo ad elaborare una mia personale guida alla lettura che inizialmente non avrei mai pensato di pubblicare. Poi il gioco mi ha preso la mano e ho capito che svelare i segreti di Watchmen era tutto sommato l’aspetto meno interessante del lavoro. Ad un certo punto mi è stato chiaro che quello che mi premeva veramente era vedere come tutti i pezzi del mosaico finivano per incastrarsi. Più andavo avanti e più scoprivo coincidenze davvero bizzarre e sorprendenti, così ad un certo punto ho focalizzato il progetto su questo aspetto e ovviamente ho potuto farlo perché l’opera è così ricca di riferimenti da fornirmi sempre continui spunti di discussione. A conti fatti, ma questo è un aspetto “accidentale”, il libro sembra più un trattato storico culturale sull’America che un volume di critica letteraria.
Per certi versi, la mia è anche una vera e proprio indagine sul “modus scribendi” di Alan Moore. Come il detective protagonista di Manhunter mi sono messo sulle tracce del mio uomo e ho cercato di capire che cosa può averlo ispirato o spinto a compiere di volta in volta le sue scelte.
Nel libro esamini il romanzo tavola per tavola scovandone ogni riferimento, anche il più nascosto. Quali sorprese può riservare Watchmen allennesima lettura?
Infinite. Watchmen è un universo in continua progressione. Per sfruttare una battuta di Magnolia si potrebbe dire “tu puoi chiudere con Watchmen ma Watchmen non chiude con te”. Per me è stato proprio così. Ci sono entrato decisamente baldanzoso come gli americani in Vietnam ed esattamente come loro non ne sono mai uscito veramente. Ormai i meccanismi scattano in automatico. Tutto quello che vedo o ascolto mi fa scattare associazioni con aspetti di Watchmen perciò faccio buon viso a cattivo gioco e prendo quello che c’è di buono da questa situazione.
Ti sei confrontato con altri appassionati di Watchmen nell’interpretazione di alcuni suoi aspetti?
Si diverse volte nei forum da cui ho saccheggiato tantissime informazioni e idee che poi ho sviluppato indipendentemente. Su questo libro c’è la mia firma, ma idealmente è un lavoro di squadra che ha coinvolto almeno un centinaio di persone. Ho un grosso debito verso tutti coloro che prima di me hanno studiato Watchmen e hanno altruisticamente condiviso i risultati delle loro ricerche.
Mi sento come se facessi parte di un gruppo di studio che unisce idealmente persone provenienti da ogni parte del mondo. Va da sé che il mio lavoro non finisce con la pubblicazione del libro perché credo che ci sia ancora molto da scoprire, o anche da correggere, quindi se qualcuno vorrà aiutarmi ad aggiustare il tiro io ne sarò felicissimo. In ogni caso non bisogna dimenticare che in questo libro io ho riversato le mie personali chiavi di lettura e già so perfettamente che parte degli appassionati non saranno d’accordo su alcune mie teorie.
Su quali edizioni ti sei basato per redigere la tua guida alla lettura?
Le conosco tutte, ma per il testo che cito ho preferito utilizzare l’ultima della Planeta per via della facile reperibilità. Comunque nonostante ci sia ancora da lavorare, l’Absolute è senz’altro la migliore edizione di Watchmen che si può trovare in circolazione.
Pensi che nella traduzione dall’inglese all’italiano siano andate perse alcune sfumature?
Si, è naturale. Succede quasi sempre e nel caso di Watchmen purtroppo è la regola. Tutte le traduzioni lette fino a questo momento presentano dei buchi. Dall’idea che mi sono fatto, in alcuni casi i traduttori non hanno proprio compreso il vero senso della frase o hanno ignorato che certe espressioni nascondevano in realtà delle citazioni, in altri però ci sono delle difficoltà oggettive. Per certi giochi di parole la cosa migliore sarebbe stata mettere delle note a fondo pagina come ha fatto la Planeta con i titoli dei giornali mostrati all’interno delle vignette.
Intervista a cura di Roberto Rippa
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